Le nostre anziane nonne, legate alla tradizione e ad un tipo di religiosità ormai persa, nei venerdì di Quaresima  ci “obbligavano” ad astenerci dal mangiare carne, la quale veniva sostituita dal pesce, alimento accettato dalla Chiesa.
Il digiuno e l’astinenza sono elementi chiave di ogni religione, che spesso punta al sacrificio dei suoi fedeli come elemento di espiazione dei peccati, come ad esempio il Ramadan per la religione islamica che impedisce ai suoi credenti di mangiare carne di maiale e bere alcool.

Ma cosa c’entrano la Quaresima ed il digiuno con il baccalà e lo stoccafisso, vi starete chiedendo?
C’è un legame strettissimo tra il periodo precedente alla Pasqua ed il nostro amato pesce, che affonda le sue radici durante il Concilio di Trento, durato ben 18 anni!

Il simbolismo della religione cristiana

Nelle sacre scritture più volte viene citato il digiuno e l’astinenza come metodo di purificazione e trovata la sua massima espressione nel divieto di mangiare tutto ciò che apparteneva al mondo animale, in particolare la carne. Un segno di devozione a Dio e al suo creato, che come dicevamo prima è una tradizione che appartiene a quasi tutte le religioni.
Ma perché il pesce si e la carne no?
Se pensate a Gesù ed ai racconti del nuovo Testamento, i riferimenti  alla pesca, ai pescatori e tutto quello che riguarda il settore ittico, sono frequentissimi. Anche nella simbologia cristiana viene spesso raffigurato un pesce che ha sulla groppa una nave, rispettivamente simboli di Dio e della Chiesa.

Il pesce quindi è differente rispetto alla carne, e con giusta ragione viene escluso dall’elenco dei cibi che nel periodo di digiuno si doveva fare a meno.

Dal Concilio di Trento fino al Baccalà!

Se il 1517 vi suona come un anno familiare forse eravate molto attenti durante le lezioni di storia a scuola, e ricorderete che fu l’anno in cui Martin Lutero, affisse le sue 95 tesi alle porte del Duomo di Wittemberg, dichiarando guerra aperta alla religione cattolica.
Le sue accuse smossero la Chiesa Cattolica che durante il Concilio di Trento, spinsero il clero a guardare anche alla “povertà” nella tavola; fu proprio durante il concilio che nacque il concetto del mangiar di magro” .

Il “mangiar di magro”

Neanche a farlo apposta fu proprio un prete svedese, Olao Magno, nativo della Svezia ma stanziatosi a Roma da tempo, che aiutò baccalà e stoccafisso nella loro scalata al successo.
In un piccolo libro da lui scritto in quel periodo esaltava i prodotti delle sue terre e parla di “un pesce detto merlusia, essiccato ai venti freddi che li mercanti germani barattano con cervogia, grano e legno”.
Il buon Olao Magno con questa sua pubblicazione destò la curiosità di molti che videro il questo prodotto un piatto perfetto per i venerdì di Quaresima.
Iniziarono così lunghi viaggi per portare questo pesce essiccato nella capitale e poi in tutto lo stivale e da allora ebbe enorme successo, quello che non ebbe nel ‘400 quando fu portato per la prima volta in Italia da Pietro Querini.
Il resto della storia la conosciamo; nei secoli a venire questo meraviglioso pesce, di origine umile e popolare, ha saputo conquistare i palati più fini, fino ad arrivare nei piatti degli chef gourmet di tutto il mondo.

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