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Nelle feste di Natale, anche nei paesi scandinavi è tradizione festeggiare con grandi cenoni a base di pesce e le portate principali sono naturalmente  a base di merluzzo come il lutefisk!
Scomponendo e traducendo il nome di questo piatto ne ricaviamo due parole dalle quali possiamo capire la complessa lavorazione che ci porta alla sua produzione ovvero “lut” che vuol dire soda caustica e “fisk” che naturalmente vuol dire pesce. La marinatura nella soda caustica da al pesce un odore forte e pungente e una tipica consistenza gelatinosa. Ma come si prepara il lutefisk?

Una lunga e complicata preparazione nel rispetto delle tradizioni

La preparazione di questa pietanza inizia nel mese di novembre. Il merluzzo (o talvolta vengono utilizzati anche altri pesci dalle carni bianche e grasse) , viene lasciato in ammollo in acqua fredda per sei giorni preoccupandosi di cambiare l’acqua ogni giorno e successivamente per due giorni nella soda caustica. Dopo questa prima fase il pesce perde quasi la metà delle sue proteine e dei suoi grassi, si gonfia e diventa gelatinoso. Viene quindi sciacquato e messo di nuovo in ammollo altri sei giorni per eliminare tracce della soda dal pesce, che rendono il pesce velenoso e quindi non commestibile.

Come cucinarlo?

Dopo questa lunga lavorazione, viene sapientemente cucinato secondo la tradizione e portato a tavola accompagnato da purea di piselli e fettine di bacon croccanti e magari da qualche tipica focaccina di patate.

In ciotoline a parte vengono serviti sale, pepe e una cremosa salsa al burro dove intingerlo a piacere.

La cosa importante durante la cottura è fare attenzione che non si sbricioli. Pertanto bisogna farlo bollire per pochi minuti e poi servirlo. Un trucco per ricompattarlo, almeno in parte, è stendere sul pesce uno strato di sale mezz’ora prima della cottura in modo che il sale assorba una parte dell’acqua in eccesso. Naturalmente va risciacquato prima della cottura.

Ma esistono anche altre alternative per cuocere il lutefisk.

È possibile ad esempio cucinarlo al forno, mettendolo in un tegame avvolto dalla carta alluminio e cuocerlo in forno a 225° C per 40-50 minuti.

Un’ulteriore alternativa è lasciarlo sbollentare lentamente avvolto in una garza facendo attenzione che non si sbricioli.

Dall’unione della tradizione norvegese e quella italiana sono nate anche altre gustose ricette. Con l’aggiunta di olio, pomodoro, cipolla e aromi ha preso vita il baccalà vicentino; nel messinese invece è tipico cucinare “l’agghiotta di piscistoccu” con sedano, olive verdi, pomodori , uvetta e pinoli; in Calabria troviamo il pesce stocco con la ghiotta calabrese, un composto di cipolla di Tropea, olive, pomodori, capperi e patate.

Le origini del lutefisk

Anche se non si conoscono le origini precise di questo piatto, ci sono molte leggende e racconti popolari a riguardo.
Un racconto popolare parla di una pentola in cui bolliva del baccalà e che un fulmine l’avrebbe rovesciata facendo cadere a terra il pesce nella cenere e bagnato dalla pioggia. In tempi poveri per non buttarlo, era stato sciacquato per togliere la fuliggine e cucinato.

Invece i primi cenni storici risalgono al XVI secolo, quando questa ricetta fu preparata per Gustavo I di Svezia.

Nella letteratura è citato dal norvegese Olao Magno nel 1555, che racconta che il lutefisk fu servito ad un ospite, accompagnato dal burro salato e che fu un piatto molto apprezzato.

Anche a Napoli, il baccalà viene molto apprezzato e da Baccalaria moltissime ricette uniscono la tradizione norvegese e quella napoletana, grazie all’utilizzo di moltissimi ingredienti tipici napoletani che esaltano i sapori di questa prelibata pietanza.

 

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