Chi ha detto che quella del pesce servito crudo sia un’idea prettamente giapponese?

In Perù, in tempi antecedenti all’Impero Inca, la civiltà mochica preparava una sorta di carpaccio di mare, marinando il pesce in un succo fatto con lime, mais, tumbo (un frutto proveniente da una pianta della zona, nativa proprio della Cordigliera delle Ande) e peperoncino. Un piatto antichissimo, che porta con sé secoli di storia e tradizioni di popoli che, oramai, non esistono nemmeno più.

Ma andiamo con ordine: quali sono le sue origini e di cosa si tratta, esattamente?

Ceviche: tutto quello che c’è da sapere

Il Ceviche è il piatto tipico più famoso del Perù, tanto che moltissimi Paesi sudamericani l’hanno inglobato nella propria tradizione gastronomica.

Inventori, anche secondo gli stessi peruviani, sarebbero stati i moche, popolo vissuto in epoca pre-Inca tra la zona desertica e la costa pacifica nel Nord del Paese: ci sono canzoni popolari, poesie e romanzi che raccontano questa tradizione, ma non tutti sono d’accordo con la preparazione che è stata tramandata fino a noi. Secondo alcuni, infatti, inizialmente pesce e frutti di mare crudi venivano marinati nella birra o nella chicha, la bevanda ottenuta per fermentazione di frutta e cereali che è diventata famosa in Sudamerica.

Saremmo stati, poi, noi europei ad aggiungere alla ricetta degli ingredienti più affini alla nostra cultura gastronomica, come la cipolla ed il limone: in effetti, la preparazione dei cibi attraverso marinatura era già conosciuta, nel nostro continente, ai tempi dell’antica Roma, quando si procedeva anche con vino e aceto; ed è proprio da lì che si sono originate le ricette del court bouillon francese (un liquido preparato con acqua salata, sedano, carota e cipolla utilizzato proprio per cuocere il pesce) e delle sarde in saor (un antipasto a base di sarde condite con cipolle in agrodolce, tipico della cucina veneziana) e del “pesce in carpione” (usata per insaporire e conservare il pesce d’acqua dolce) del lombardo-veneto.

Etimologia

A lungo si è discusso anche dell’etimologia della parola: c’è chi si riferisce a quechua siwichi, cioè “pesce fresco” o “pesce tenero”, ma in spagnolo escabeche significa “marinato” e in arabo sikbaǧ indica proprio il metodo di marinatura che le donne morisco tramandarono quando giunsero in America Latina al servizio degli spagnoli. D’altro canto, non c’è nemmeno una versione ufficiale della scrittura: il dizionario ammette come sinonimi anche cheviche, cebiche, seviche o sebiche.

Varianti e segreti

Molti non sanno che il liquido che resta dalla marinatura, e che viene servito in un bicchiere a parte accanto alla pietanza, viene chiamato “latte di tigre” grazie al suo sapore fortissimo e al suo presunto potere afrodisiaco.

Il ceviche, inoltre, si prepara soltanto con pesce freschissimo: la riuscita del piatto dipende proprio da questo.

Nel tempo, e con il passaggio di mano in mano tra i vari Paesi, sono nate moltissime varianti che sfruttano lo sgombro, la sardina e la cernia, come il ceviche misto, che prevede anche i crostacei, quello di tonno, dove il succo di lime diventa abbondante e c’è un godurioso accompagnamento fresco costituito da una dadolata di avocado e mango, quello di gamberetti o di scampi, quello di polpo o persino quello di verdure, dove il prezioso mix per la cottura a crudo va a marinare peperoni, broccoli, pomodori e finocchi, tagliati finemente.

 

Insomma, ad ognuno il suo ceviche!
Noi di Baccalaria abbiamo fatto nostra questa ricetta, preparandola con ingredienti tipici del nostro patrimonio gastronomico: curiosi di assaggiare il nostro ceviche di baccalà?

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