i merluzzi stanno scomparendo dall'alaska

I lettori più assidui del nostro blog sapranno che il baccalà non è un pesce ma il frutto della lavorazione del merluzzo ma non di un pesce qualsiasi, bensì il merluzzo della specie Gadus che vive in tutte altre zone rispetto al classico merluzzo che siamo abituati a comprare in pescheria (che viene erroneamente chiamato merluzzo ma in realtà è nasello n.d.r.)

alla famiglia dei Gadus appartengono tante sottospecie che si distinguono per la qualità della carne e per le caratteristiche fisiche ma a seconda della zona in cui vengono pescati cambia il tipo di prodotto che giunge sulle nostre tavole.

Se vuoi approfondire: I Luoghi di pesca del baccalà

Ed ora uno degli appartenenti alla famiglia, il Gadus macrocephalus, tipico della zona settentrionale del pacifico, rischia di scomparire dalle coste dell’Alaska.

Il centro di ricerca sull’isola di Kodiak

La situazione è preoccupante e rischia di mettere in ginocchio l’intera economia ittica dell’Alaska; già tra il 2017 e 2018 si sono registrati cali dell’80% della popolazione di merluzzo, ed ora il centro di ricerche con sede sull’isola di Kodiak, sta portando avanti gli studi.
Qui ci sono le principali flotte di pescherecci dell’Alaska, le stesse che  riforniscono i mercati di tutto il Nord America.

Per anni, i pescatori dell’Alaska hanno denunciato i cambiamenti climatici dei loro luoghi di pesca, ma ora la situazione rischia di spazzare via in pochi anni la loro principale fonte di sostentamento.

La popolazione di merluzzo nel Golfo dell’Alaska è al suo livello più basso mai registrato. Il “colpevole” a quanto pare è una massa d’acqua calda chiamata “il blob” proveniente dall’Oceano Pacifico.
La causa di questo blob è quasi sicuramente da ricercare nei cambiamenti climatici che modificano anche le correnti marine; l’università dell’Alaska ha registrato un innalzamento delle temperature delle acque di tutta la costa.

Le temperature alte ovviamente allontanano i  merluzzi dalla costa e rischiano di modificare completamente l’ecosistema di quelle zone.
Per ora queste sono solo ipotesi, le ricerche dovranno continuare almeno per altri 3 anni, così da capire cosa sta accadendo ai banchi di merluzzo di quelle zone e provare a correre ai ripari.

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